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    Fujifilm FUJINON XF8mmF3.5 R WR è il nuovo obiettivo ultragrandangolare per la Serie X

    In queste ore Fujifilm ha presentato diverse novità che riguardano la Serie X. Tra le altre troviamo il nuovo obiettivo FUJINON XF8mmF3.5 R WR che si aggiunge a quelli già presenti nella sua lineup per garantire ai fotografi che hanno bisogno di un ultragrandangolare un modello relativamente economico (se si guarda al solo listino della società) e che non abbia le “complicazioni” delle unità zoom già presenti sul mercato.

    Non è la prima volta che Fujifilm si “spinge” fino a lunghezze focali così ridotte. Per esempio è presente da alcuni anni lo zoom grandangolare XF8-16mmF2.8 R LM WR (che ha un prezzo superiore ai 1200 euro). Tra le ottiche fisse è presente l’XF14mmF2.8 R che invece ha un costo inferiore ai 1000 euro. Per chi vuole continuare a scegliere i prodotti della società ma non vuole arrivare a scegliere l’ottica zoom (e il relativo costo) è nato questo modello da 8 mm. Queste le caratteristiche tecniche.
    Fujifilm FUJINON XF8mmF3.5 R WR: le caratteristiche tecniche
    Il nuovo obiettivo FUJINON XF8mmF3.5 R WR presenta un design ottico composto da 12 elementi suddivisi in 9 gruppi (inclusi 3 elementi asferici e 2 elemento ED). La struttura è pensata per essere Weather-Resistant (come intuibile dalla sigla nel nome) e resistente alla polvere oltre che all’umidità e a temperature fino a -10°C. Questo consente di utilizzarlo anche all’esterno e, considerando la sua natura di ultragrandangolare, per i paesaggi e le riprese notturne.

    La lunghezza focale è pari a 8 mm equivalente a 12 mm nel formato full-frame. L’angolo di visione è pari 121° in diagonale e 112° in orizzontale. Il diaframma è composto da 9 lamelle con un’apertura variabile tra f/3.5 e f/22 passando da un estremo all’altro in 17 step. La minima distanza di messa a fuoco è pari a 18 cm e anteriormente è possibile installare filtri da 62 mm. Le dimensioni sono pari a 68 x 52,8 mm con un peso di 215 grammi. Il prezzo del nuovo obiettivo Fujifilm FUJINON XF8mmF3.5 R WR è pari a 949,99 mantenendosi quindi sotto la soglia psicologica dei 1000 euro e posizionandosi a metà strada tra lo zoom 8-16mm e il 14mm. LEGGI TUTTO

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    Che offerta: 500€ di sconto reale sul kit Nikon Z6II +24/200 f/4-6.3 VR, con 4 anni di garanzia Nital!

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    Sony Alpha 7 IV, III, C e tanti obiettivi, anche top: super sconti con coupon da centinaia di Euro!

    Attenzione a queste super promo su Amazon riguardanti le
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    altri obiettivi di qualità e di vario tipo. LEGGI TUTTO

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    Ricoh presenta gli obiettivi HD PENTAX-FA 50mmF1.4 e smc PENTAX-FA 50mmF1.4 Classic

    Dopo la presentazione della PENTAX K-3 Mark III monochrome e della PENTAX KF, Ricoh ha annunciato due nuove ottiche con ampia apertura e la medesima lunghezza focale. Si tratta di obiettivi che sono compatibili con le DSLR a marchio PENTAX con attacco K e in grado di essere impiegati con fotocamere full-frame. La società ha anche puntato sul mantenere le dimensioni compatte così da rendere le ottiche più facilmente trasportabili e meno pesanti.

    Secondo quanto riportato da Ricoh, entrambi i nuovi obiettivi sono basati sul modello lanciato nel 1991, smc PENTAX-FA 50mmF1.4 (che era pensato ovviamente per soluzioni SLR a pellicola). Il nuovo HD PENTAX-FA 50mmF1.4 porta con sé l’evoluzione tecnologica e in particolare il rivestimento multistrato HD in grado di migliorare il contrasto e la nitidezza su tutta la superficie grazie alla riduzione della riflettanza media e migliorando la trasmissione della luce. Le dimensioni rimangono simili al modello smc ma il design esteriore è invece ripreso dalle serie DA e D FA.

    Il modello smc PENTAX-FA 50mmF1.4 Classic invece è pensato per dare un “look” classico alle fotografie riprendendo lo stile di obiettivi progettati anche 50 anni fa con un “rainbow flare” quando si utilizza la massima apertura. Se si utilizza invece un’apertura di f/4 o inferiore il bagliore arcobaleno sparisce e non sono presenti altre aberrazioni ottiche. In questo caso il design esteriore non ha gli elementi di obiettivi più recenti come l’anello verde donando un aspetto vintage.
    In entrambi i casi si tratta quindi di soluzioni simili per lunghezza focale (sempre 50 mm) e per apertura massima (sempre f/1.4) ma che si differenziano nettamente nella resa finale in base alle scelte dell’utente.

    Le specifiche tecniche dei due nuovi obiettivi Ricoh, HD PENTAX-FA 50mmF1.4 e smc PENTAX-FA 50mmF1.4 Classic, prevedono una lunghezza focale di 50 mm su full frame e 76,5 mm su APS-C. In entrambi i casi l’apertura varia da f/1.4 a f/22 con il diaframma che è composto da 8 lamelle. Il design ottico prevede 7 elementi suddivisi in 6 gruppi. Nell’ultimo elemento è presente un rivestimento SP (Super Protect) che protegge da umidità e grasso.
    L’angolo di visione è pari a 47° (su full frame) ed entrambi hanno una distanza minima di messa a fuoco di 45 cm. Anteriormente possono essere impiegati filtri da 49 mm. Le dimensioni per l’HD sono pari a 65 x 40,5 mm mentre la versione smc ha dimensioni di 65 x 37 mm. I due pesi sono invece rispettivamente di 223 grammi e 216 grammi. I prezzi per il mercato USA sono pari a 349,95 dollari e 379,95 dollari rispettivamente per l’HD e l’smc. LEGGI TUTTO

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    I WANNA BE AN INFLUENCER: la mostra fotografica di Nicola Tanzini sbarca a Milano

    Ieri, 17 maggio 2023, è stata presentata nella galleria STILL di Milano la mostra fotografica “I WANNA BE AN INFLUENCER” di Nicola Tanzini, imprenditore e fotografo pisano da oltre 30 anni, un viaggio da una parte all’altra del globo volto a mostrare luoghi e situazioni precise. La mostra, curata da Benedetta Donato, presenta 30 fotografie in bianco e nero selezionate dell’autore che partono dal 2016 fino ad arrivare al 2019, prima che arrivasse la pandemia a decretare la fine naturale del progetto.

    Nicola Tanzini ha scattato circa 1200 fotografie (poi scremate) tra Hong Kong, Shanghai, Roma, Pisa, Laguna di Venezia e Tokyo con l’obiettivo di  rappresentare con la fotografia, le trasformazioni che influenzano il comportamento dei nuovi turisti, dalla scelta delle mete tradizionali alla creazione di destinazioni inedite. L’idea iniziale di Tanzini avrebbe dovuto includere anche il continente americano, ma causa COVID ha dovuto rinunciare.

    Negli ultimi anni, a causa dell’evoluzione tecnologica e dell’arrivo di cameraphone di alto livello, il mestiere dell’influencer ha preso piede e involontariamente ha creato un nuovo modo di vedere la fotografia. Luoghi sperduti, degradati, popolari fino alle più classiche attrazioni turistiche artificiali e naturali, diventano hotspot irrinunciabili per fare uno scatto e postarlo su Instagram. L’esempio più lampante è il lago di Braies sulle Dolomiti, luogo naturale diventato celebre nell’ultimo anno grazie al fenomeno dei social. Tanzini ha girato il mondo per immortalare questo fenomeno, ovvero ragazzi e ragazze influencer, o con l’obiettivo di diventarci, assorti nella ricerca dello scatto perfetto. La scelta del bianco e nero è legata all’obbiettivo del fotografo, ovvero quello di concentrarsi sui soggetti senza distrazioni, togliendo qualcosa di fondamentale per loro, il colore.

    “Ho voluto indagare come la rappresentazione di se stessi porta a viaggiare e raccontarsi attraverso un post social e non per l’interesse intrinseco che il luogo ha. Siamo passati dal Grand Tour dove il viaggio rappresentava una modalità di approfondimento culturale e di contemplazione del paesaggio, ad oggi, dove si parte con lo scopo di fotografare la meta del momento (dalla Torre di Pisa ai quartieri degradati di Hong Kong) solo perché definita e riconosciuta come “instagrammabile”. L’evoluzione dei mezzi di comunicazione e l’avvento di nuove figure come gli influencer, hanno portato a una trasformazione visibile anche sui nostri comportamenti, portandoci ad una perdita di interesse per i luoghi, per lasciare spazio ad una mera rappresentazione online di noi stessi”, ha dichiarato l’autore, Nicola Tanzini.

    La mostra è accompagnata dall’omonima pubblicazione, suo secondo libro, edita da Skira, che comprende centinaia di scatti. Oltre al testo della curatrice, il volume è arricchito dai contributi e dalle riflessioni di Enzo Nocifora – Professore Associato di Sociologia del Turismo presso la Facoltà di Sociologia dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma e da Alice Avallone – esperta di Etnografia digitale e docente presso la Scuola Holden di Torino, che analizzano un fenomeno del nostro tempo, al quale assistiamo quotidianamente sul social network Instagram.
    Ad oggi, quello dell’influencer è diventato un vero e proprio mestiere come un altro. Gli influencer sono spesso seguiti da una vera e propria crew con cambio vestiti, kit, luci, fotografi e strumenti professionali per costruire un set fotografico a cielo aperto dove stanno anche 3/4 ore alla ricerca della perfezione, situazioni immortalate negli scatti del fotografo. Personalmente, mi ha colpito molto il fatto che questi ragazzi siano spesso e volentieri accompagnati da uno dei genitori che è solito ricoprire il ruolo di “manager”, come affermato da Tanzini durante le sue esperienze.

    Un altro argomento toccato da Tanzini durante il confronto con i giornalisti è stato quello dell’intelligenza artificiale. Secondo il fotografo, schierato in linea generale a favore della tecnologia, l’AI è qualcosa che può aiutare il mondo della fotografia e lo sviluppo globale, ma ovviamente se gestita con criterio e regole precise. Come ogni cosa, se utilizzata in maniera scorretta può diventare l’opposto, ovvero un pericolo importante per la società.
    L’AI può essere considerata una nuova era, così come lo fu la nascita della fotografia alla fine degli anni 40′ del XIX secolo. La fotografia, che nasce come strumento per rappresentare la realtà, non ha ucciso la pittura, ma ha in qualche modo dato uno slancio, un input diverso ai pittori per creare qualcosa di diverso. La domanda che poniamo è la seguente: con l’arrivo dell’AI, ci sarà un impressionismo della fotografia? Se sì, ci sarà qualcuno in grado di farlo? LEGGI TUTTO

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    DJI Dock: una vera stazione indipendente dove il pilota è al comando da un PC

    La pioggia battente in una Milano primaverile è stata perfetta per la prova sul campo del nuovo DJI Dock con DJI Matrice 30. Sì, perché il drone come anche la sua stazione indipendente modulare sono stati creati dall’azienda per arrivare dove altri non riescono e per riuscire a fare, professionalmente, quello che gli altri ancora oggi non fanno. La presentazione di DJI Dock e DJI Matrice 30 è una presentazione più ”enterprise” che consumer perché effettivamente l’uso che si farà in futuro di questo nuovo prodotto è proprio quello professionale: un volo di emergenza dei Vigili del Fuoco su di una centrale elettrica in fiamme, un volo della Protezione Civile in una zona alluvionata (purtroppo una realtà proprio di questi giorni) o ancora un volo su di un impianto agricolo per il monitoraggio o ancora un volo di ricognizione su strutture civili come aeroporti che non permettono il blocco delle attività.

    DJI Dock: una ”base station” per droni Matrice 30
    DJI l’ha pensata così la sua DJI Dock: una stazione modulare indipendente capace di traspostare il drone ”pro” in luoghi difficili e di emergenza permettendo di avere il massimo controllo del volo grazie ad un semplice PC e non ad un radiocomando come solitamente avviene. “Il DJI Dock è una ‘base station’ per droni Matrice 30, che permette di programmare e svolgere in maniera automatica diversi profili di missione per ispezioni, controlli e soccorsi anche in luoghi remoti o pericolosi”, dichiara Valentino Bertolini, direttore marketing di Nital, l’azienda italiana che cura la distribuzione esclusiva in Italia dei prodotti DJI Enterprise. “E’ una soluzione di tipo professionale, che può fornire soluzioni efficaci per la sicurezza nel settore industriale civile, ma anche in ambito istituzionale e militare”.

    Effettivamente DJI Dock è una ”base” dove il drone DJI Matrice 30 parte e ritorna e può ricaricarsi oltre che essere trasportato ovunque senza pericolo e può anche trasmettere velocemente tutto quello che ha catturato. È effettivamente un hangar del peso di 100 chilogrammi la cui parte superiore si apre magicamente a distanza e a comando del pilota al momento dell’occorrenza. Oltretutto la base robotica automatizzata può operare di giorno e di notte anche con difficili condizioni meteorologiche e con temperature da -35 a +50°C. Sì, perché possiede anche un rilevatore delle condizioni meteo (pioggia, temperatura, umidità, direzione del vento e intensità del vento) e una piccola telecamera che può riprendere ciò che avviene in esterno.
    Chiaramente la ”box” funge da comunicatore ossia ”transponder” ossia garantisce ogni tipo di comunicazione tra la stazione e la postazione di comando e il drone. Oltretutto l’idea di DJI è stata quella di porre delle barre sulla box che riposizionassero il DJI Matrice 30 in posizione per poi essere ricaricato velocemente. Sì, perché DJI Dock possiede anche delle ventole di raffreddamento della batteria del drone che permettono di acconsentire la ricarica veloce ed è un passo importante in avanti questo perché DJI Matrice 30 può ricaricarsi dal 10 al 90% in soli 25 minuti, un tempo perfetto per avviare missioni consecutive.

    La novità però sta nel fatto che DJI Dock e DJI Matrice 30 funzionano soprattutto da remoto ossia basta collegarli ad una rete e possono comunicare con un computer a comando del pilota grazie alla piattaforma software DJI Flighthub 2. Qui il pilota, che lo ricordiamo ha sempre e comunque il controllo di tutto e deve averlo, può essere localizzato anche dall’altra parte del mondo rispetto alla posizione reale del drone della DJI Dock. E qui si possono controllare gli spostamenti automatici del drone ma si può anche intervenire immediatamente sull’andamento del volo del drone e ancora è possibile pianificare un volo, eseguire una missione, gestire un programma di spostamenti, avere tutto sotto controllo anche a livello telecamere e riprese.

    DJI Matrice 30 è un drone professionale capace di volare per almeno 40 minuti in condizioni anche proibitive del meteo visto che oltretutto è certificato IP55 ossia impermeabile alla pioggia anche battente. Non solo perché può volare anche con raffiche di 15 m/s ossia quasi 28 nodi e può lavorare anche a distanze di 7km dalla stazione DJI Dock. Novità assoluta riguarda la compatibilità RTK che permettono precisioni di volo centimetriche e dunque la possibilità di usare il drone non solo per missioni particolari ma anche in campo agricolo e topografico per eventuali rilievi. Chiaramente il DJI Matrice 30 (nella sua versione T) possiede anche una camera termica per identificare eventuali punti di calore di una struttura o di un luogo e permettere dunque eventuali missioni di prevenzione o anche di manutenzione.
    Il volo di DJI Matrice 30 potrebbe essere eseguito con DJI Dock e con il DJI Flighthub 2 in modo completamente autonomo. Una volta creato il piano di volo infatti il pilota potrebbe anche lasciare la sua postazione e far partire il drone in maniera sistematica con voli programmati. Di fatto però sarebbero intesi come ”voli autonomi” e in tal senso un volo del genere non viene digerito ancora a livello normativo. Il pilota infatti deve sempre stazionare sulla stazione di comando e deve sempre essere pronto ad intervenire in caso di problematiche sul drone.
    Sui prezzi chiaramente non sono ancora noti e non tanto per il fatto che DJI Dock e DJI Matrice 30 arriveranno sul mercato a luglio ma per il fatto che il sistema è un sistema professionale molto ”customizzabile” e soprattutto da capire sarà il fatto se DJI Flighthub 2 verrà rilasciato con il drone e la stazione e soprattutto come sarà considerato dall’azienda per il cliente. Di fatto parliamo di qualche decina di migliaia di euro ma è palese che siamo di fronte ad un prodotto unico sul panorama mondiale con la possibilità, grazie ad una piattaforma di sviluppo tramite API, di creare funzioni e operazioni specifiche per diverse missioni e soprattutto per diversi utilizzi. LEGGI TUTTO

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    Daniele Barraco: ho sempre voluto entrare in mondi diversi, essere un outsider

    Daniele Barraco, come è avvenuto il passaggio dalla musica alla fotografia? Ho sempre fatto musica evocando mentalmente delle immagini. Ero in sala prove e cercavo di creare una sequenza visiva di una colonna sonora. Succedeva sia quando suonavo, sia quando ascoltavo musica. Avevo delle immagini statiche costruite in testa, dei frame che non si muovevano, […] LEGGI TUTTO

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    James Balog: in “Chasing Ice” ho voluto trasformare la conoscenza in percezione

    James Balog, quando ho visto il documentario Chasing Ice ho pensato che fosse la conferma che la fotografia non deve essere bella, estetica, ma che deve servire a qualcosa. Per quel lavoro, hai posizionato decine di macchine fotografiche nei ghiacciai per documentare gli effetti del cambiamento climatico. Sono nati dei timelapse fondamentali per vedere gli […] LEGGI TUTTO