Heinz, il tuo progetto Interim, esposto al Festival Internazionale di Roma, racconta il cambiamento che vive l’Europa. Non parliamo però di Mediterraneo ma di Europa continentale. Quanti anni hai lavorato su questo tema?
Il progetto è durato sei anni, dal 2004 al 2010. Sono fotografie scattate durante gli assignment più diversi attraverso l’Europa. Ho scattato queste foto in ogni situazione utile. Dalle camere private, alle strade, ai raduni, ogni situazione era buona per realizzare questo progetto.
In quali aree dell’Europa e dell’Asia ti sei mosso?
Ho iniziato questo lavoro mentre ero di ritorno da un periodo di sei anni a Mosca. Ho lavorato in Austria, Bielorussia, Russia, in gran parte dell’Europa continentale. Ho documentato i forti contrasti tra le condizioni di vita in Europa, un aspetto spesso trascurato perché che l’Europa viene immaginata come un territorio pressoché omogeneo e senza gravi problemi economici per la popolazione. Non è così. È un lavoro che tocca vari aspetti del problema, avevo assignment per magazine molto differenti tra loro. La mia base è l’Austria, e quello era un periodo molto vivace per il fotogiornalismo. Adesso, lentamente, è tutto molto cambiato.
È un momento difficile per fare fotogiornalimo?
Sì, molto.
Tu credi che sia solo un fatto di budget, o è un momento complicato perché i giornali non colgono più le notizie di reale interesse per i lettori?
È difficile risponderti. Penso che ci siano due parole chiave per tutto ciò che è successo ai giornali, non solo in Austria o in Italia o negli Stati Uniti, ma ovunque. La prima è naturalmente internet e le possibilità digitali, che hanno segnato il declino di questo mestiere. La seconda ragione è più delicata. La mia opinione è che i media si siano trasformati da strumenti per esplorare il mondo e capire che cosa stesse succedendo, a strumenti per estendere il potere. Il focus è passato dall’informazione al potere.
La mia opinione è che i media si siano trasformati da strumenti per esplorare il mondo e capire che cosa stesse succedendo, a strumenti per estendere il potere.
Che cosa pensi del data journalism e della pubblicazione di dati e dossier senza molti filtri?
I media sono pieni di data journalism, un giornalismo che si fa da distante, accumulando dati, manca l’esperienza diretta sul campo. È qualcosa di molto vicino alla propaganda.
Il tuo lavoro Interim è rivolto all’Europa continentale, una cosa non comune. Che cosa hai trovato di interessante in questa parte di Europa?
Credo che oggi il declino dell’Europa sia semplicemente la storia più grande da raccontare. Qui si intreccia tutto, dalle differenze culturali a quelle economiche, dalle migrazioni ai mutamenti dello stato dei lavoratori.
Possiamo dire che il tuo è un lavoro sul declino di questa società?
Sì, ho cercato di capire il perché di questo declino. Nessuno si domanda più il perché delle cose che stanno succedendo. In Austria avremo presto le elezioni, e c’è il forte rischio che vinca un candidato fascista. Tutta l’informazione è orientata a dare questa notizia, ma nessuno si chiede perché potrebbe vincere questo genere di candidato. Si guardano le cose mentre succedono.
Nessuno si domanda più il perché delle cose che stanno succedendo.
Nelle tue foto ci sono molti simboli erotici. Sono ovunque, nella comunicazione, nella vita quotidiana, nella cultura. È un altro simbolo della decadenza di questa società?
Questi simboli ci dicono una cosa molto chiara: siamo concentrati su noi stessi. È come se non vedessimo che nei nostri paesi vivono persone di altre culture che hanno un approccio completamente differente a questi temi. Si creano così delle prospettive distorte. Il sesso ha semplicemente rimpiazzato l’amore, ma lo ha fatto in un modo che divide più che unire.
Le tue foto sono piene di persone. Sono gli esseri umani il focus del tuo lavoro?
Voglio capire come le persone si relazionano tra loro.
Nelle immagini ci sono masse di individui in movimento. E allora mi sono chiesto: quando lavori, entri in contatto con le persone o il tuo è un lavoro più sui fenomeni che sui singoli casi?
In realtà il mio modo di lavorare varia molto. Se guardi Interim, alcune foto sono tipicamente street, altre documentarie, altre ancora sono più intime. Di conseguenza, a volte conosco la persona che fotografo, alcune volte conosco la sua storia, altre volte non ho la minima idea di chi ho di fronte. Ogni approccio è possibile.
Che cosa è successo nel 2010, quando hai deciso di chiudere il progetto?
Il lavoro è terminato mentre mi trovavo in Bielorussia durante le elezioni presidenziali. Durante una dimostrazione, la polizia di Lukashenko mi ha rotto un dito della mano destra e non ho più potuto scattare fotografie per un certo periodo. Ma questa è solo una parte della risposta. In realtà, la mia è la tipica storia di un fotografo che ha avuto problemi durante il proprio lavoro, quando sono tornato a casa il direttore non era così interessato al progetto e poi, quando sono iniziati altri lavori, ho considerato chiuso questo reportage. Probabilmente aveva solo bisogno di tempo per essere considerato attuale e di interesse generale. Oggi è il momento.