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Mattei & Omich, romani alla conquista dell'Inghilterra: “Il futuro della house? Classica e micro”

In un momento in cui la dance non sembra abbia molto da dire, è la house a spingere un po’ sull’acceleratore. L’Italia è per fortuna presente, tra vecchie glorie ancora in trincea e giovani come Mattei & Omich sotto le luci della ribalta. D’altronde il duo romano è in pista da almeno 10 anni, non parliamo di risultati ottenuti in 6 mesi, “sogno” da cui oggi è facile essere attratti. Fino alla scorsa primavera, con l’esplosiva God Make Me Funky sulla bocca di tanti, potevamo definire i due bravi dj solo “osservati speciali” di Defected. Ora la super etichetta inglese fa uscire il terzo EP su vinile col celebre claim House Music All Life Long. Nella furba scaletta, 4 classici aggiornati, tra cui I’ll House U (Ft Keyo), cavalcata house nello stile del duo ispirata all’omonimo successo dei Jungle Brothers. Dentro anche suoni e stilemi sempre riconoscibili nelle uscite Defected. Il claim che dà il nome al vinile, ad esempio, è citato a più ripetizioni nella traccia, ed è lo stesso che utilizza oggi l’etichetta. “Nell’originale c’era la parola night, che abbiamo sostituito con life“, spiegano con una risata.

A proposito di riferimenti, come vedete l’interesse per gli anni ’90 e la mania della nu disco in Inghilterra?
Patrizio Mattei: “Ci siamo esibiti di recente a Leeds come Re-Tide, formazione in cui ci affianca Andrea Prezioso, ed abbiamo notato che la nu disco sta portando nei locali inglesi gente di ogni età. Per chi ha 20 anni è musica nuova, il 50enne rivive la propria giovinezza, ascoltando i più bei dischi rivisitati dagli anni ’70 ad oggi. Più in generale, in Europa sta prendendo vita un movimento che incentra poche persone in spazi piccoli, anche nei bar, che si trasformano in club. Lo vedi in Inghilterra, in Olanda…”.
Il bar di Roma non è quello di Amsterdam, storicamente è quello il problema.  
Danny Omich: “All’estero hanno capito che un certo tipo di house si deve sentire bene, e in quei posti, seppur minuscoli, è meraviglioso suonarci. Se un dj importante deve esibirsi in un bar, non puoi avere le casse del computer, cosa che in Italia purtroppo accade. Pur di suonare, da noi molti dj si accontentano, e il livello sia abbassa ulteriormente. E per finire, uno che si occupa di pubbliche relazioni, difficilmente lo vedrai in console in un club inglese (sorride, ndr). La riesplosione della house music, rispetto all’Inghilterra, la percepiamo poco o niente perché nel Belpaese mancano strutture qualificate”.
P: “Lì vediamo gente felice di andare a ballare. Se in Italia le cose vanno male, è dovuto pure al fatto che di persone tristi in giro ce ne sono sin troppe”.
D: “Love Sensation di Loleatta Holloway gli inglesi la cantano a memoria, sanno che Ride On Time dei Black Box viene da lì. Qui a malapena riconoscono il ritornello. In fatto musicale restiamo degli analfabeti funzionali”.
Il micro pare strettamente legato alla mania vintage vinilica, si teme solo passeggera.  
D: “Il vinile, per i dj, da noi non tornerà mai. Qualche serata a tema per i nostalgici la fanno, ma oltre non si va. Vanno bene i big. Ma parliamo appunto degli Chic (sorride, ndr)”. 
Intanto Defected ha ripreso a stampare in vinile, come la vedete? 
P: “In Germania il vinile funziona. In Inghilterra pure. Lì però vanno perlopiù i re-edit dei classici, per ovvi motivi. Starei molto attento a parlare di ‘segnale’ per i dj solo solo perché la Defected stampa di nuovo su vinile. Sarebbe un segnale se scoprissimo che stampano 20 mila copie di un singolo, se ne stampano 1000 non saprei”.
Un colosso come Defected come interpreta le vicende italiane? 
P: “All’estero non puntano all’Italia come nazione per vendere musica. Le etichette internazionali non considerano minimamente il prodotto italiano. Quanto a Defected, traggono le ovvie conclusioni sul poco movimento nei locali in quanto i loro artisti da noi si esibiscono raramente. L’italiano da quelle parti resta comunque ben visto, lo reputano pieno di idee ed estroso. Il fatto che qui non ci sia più business per loro è secondario. Badano al prodotto internazionale, se sei bravo puoi vivere ovunque. Fedeli ad un altro loro claim, In Our House We Are All Equal, ossia Nella nostra casa siamo tutti uguali“.
Ormai la house commerciale la fanno popstar come Diplo o Calvin Harris. 
D: “Le punte di diamante certo non aiutano il movimento. Il piccolo mai potrà arrivare ai loro livelli, o a collaborare con Dua Lipa. Il discorso cambia se in questa direzione va il piccolo, mettendoci però più professionalità e guizzo. Solo così si crea di nuovo competizione, e si alza il tasso medio di qualità, oggi in Italia piuttosto basso”. 
Con un presente assente il passato gode. 
P: “La dance in senso stretto non farà la fine del rock. Andando a braccetto col pop, qualcosa se la inventeranno sempre. In Italia ci sono dei fenomeni indie dance interessanti, che sperimentano, Cosmo e Liberato su tutti. Cosmo è umile e competente. Abbiamo bisogno di persone come lui. Non sono ancora emersi al 100% perché c’è una paura fottuta del cambiamento”.
Spremere cataloghi rende. E poi è sempre rassicurante. 
D: “Ci si concentra su quel passato perché in giro non c’è abbastanza gente che produca musica originale e nuova. In Italia sono spariti discografici che investono denaro e credono nel business della musica dance locale, come negli anni ’90′”.
P: “Dove c’è un sano business, ci sarà sempre un imprenditore che ragiona: Se questa idea la sviluppi da solo verrà in un modo. Sempre la stessa idea, ma con Giorgio Moroder accanto, verrà 10 volte meglio. La possibilità di produrre musica ce l’hanno ormai tutti. L’originalità dei pochi italiani, in ambito di musica da club, viene oggi evidenziata tramite il supporto dei loro dischi da parte di realtà discografiche internazionali”.
Gran tiro, pulizia, eleganza: la vostra house è “alla vecchia maniera”. 
P: “Con qualche parentesi funky… Comunque è così, il vero dj per noi resta quello alla Todd Terry, che nasce e vive nel club, e guarda in faccia le persone. La seconda metà degli anni ’70 e l’esplosione di miti come Donna Summer sono fasi che avrei voluto vivere da 20enne. Come il cuore degli anni ’90 per la house. Aggiungerei Homework dei Daft Punk e Dig Your Own Hole dei Chemical Brothers, acquistati all’epoca su musicassetta. Suonano ancora nuovi”.
D: “Un po’ come Hypnotising di Kid Crème, che non credo sia rimasto negli annali, ma pare uscito ieri. Tre punti saldi restano per me Make Me The World di Sandy B, Thrill Me di Junior Jack e, soprattutto, Horny di Mousse T.“.
A 12 anni già insieme, l’amore per la console come esplode? 
P: “Stessa comitiva, scuole diverse. Che per la verità non abbiamo frequentato mai con troppo entusiasmo. Saltavamo le lezioni per andare da Goody Music, a Roma. Non capivo come da una testina potesse venir fuori tutta quella musica. Impazzivo per ‘sta cosa. Mia madre iniziò a preoccuparsi vendendomi rientrare ogni giorno con vinili nuovi. Alla domanda: C’è qualcuno a scuola che li vende? risposi ingenuamente di sì (ride, ndr). Papà ad un certo punto disse: Ti ho trovato un impiego, in un ufficio di Civitavecchia. Pagavano bene. Senza pensarci, risposi: Voglio fare il dj, dì di no. (ride, ndr). Volò un ceffone. Mi iscrissi con Danny all’Università della Musica di Roma, dove nel 2004 abbiamo conosciuto i ragazzi di m2o, Paolo Bolognesi, nostro mentore, in primis”.
Danny è un tipo piuttosto scaramantico. 
P: “Se un disco non arriva al numero uno in 3 ore, per lui va cancellato o rifatto. Oggi rido. In passato mi incazzavo molto (ride, ndr). La cosa più importante che abbiamo capito è che la passione ti porta esattamente dove vorresti essere”.
Pazientemente siete giunti dove volevate? 
P & D: “La nostra storia parte da un paesino come Santa Marinella, e oggi lavoriamo all’interno di network radiofonici nazionali importanti (entrambi mixano Waves per m2o, Patrizio è regista del Trio Medusa su Radio Deejay e produce Capital Party Nu Disco su Capital con Andrea Prezioso, Danny è regista di Music Zone su m2o, ndr) e siamo arrivati a pubblicare musica per Defected, da qualche mese editrice esclusiva dei nostri lavori. Ma non siamo mai stati milionari, né abbiamo pagato qualcuno per ottenere questi risultati. Andiamo fieri della Metropolitan Recordings e di tutte le nostre etichette, dove contano solo le nostre scelte. Come duo, a livello di cose fatte, ci sentiamo al 40%. La nostra amicizia, invece, è sempre al 100%. Sogniamo una hit alla Horny. Promettici che appena la facciamo ci reintervisti (altra risata, ndr)”.

di Leonardo Filomeno 
@l_filomeno


Fonte: http://www.liberoquotidiano.it/rss.jsp?sezione=375


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