«Io non lo so perché sono ancora vivo. Ho attraversato i campi di fragole più dolci dell’universo, e mi sono fermato lì, a sognare. I miei amici non ci sono più. Alcuni per sempre, altri solo perché hanno deciso così. Il mio corpo è qui, ma non ho mai smesso di essere insieme a loro. Insieme ai Beatles…». È un monologo di un’ora – che da Milano ha varcato l’oceano per essere acclamato nel 2015 al Fringe Festival di Edimburgo e approdare con altrettanto successo sul palcoscenico del King’s Head Theatre di Londra – quello scritto e interpretato da Davide Verazzani. Cinquantaduenne autore milanese di un piccolo cult che, da qualche anno, è diventato una produzione internazionale. Un monologo che fa gioire (e ringiovanire) migliaia di fan dei Beatles, vecchi e nuovi, e che dalle performance nei teatri di Milano potrebbe diventare presto un film. La versione di Neil – Una vita con i Beatles è la pièce che Verazzani ha scritto e interpretato – nella versione anglosassone il protagonista è l’eccellente Ian Sexon – e dove si ripercorre, sul filo dei ricordi, la vita dei “Fab Four” attraverso un punto di vista inedito. Ovvero le storie e le musiche selezionate da uno dei testimonial meno noti ma più addentro alla loro folgorante carriera: Neil Stanley Aspinall. Un protagonista dietro le quinte, e spesso anche dietro al volante, che dai primi tour accompagnò l’esuberante quartetto di Liverpool ovunque, fino allo scioglimento della band. Un tipo capace di intentare causa per ben tre volte (le prime due vinte a suon di accordi milionari, ndr) alla Apple Computer Inc. del magnate Steve Jobs pur di tutelare il nome della mitica etichetta discografica, la Apple Records, fondata dai Beatles nel’68 e di cui Aspinall fu lo storico presidente fino al 2007, un anno prima della morte.
Dagli esordi musicali nel 1959 fino agli anni ’70, Aspinall fu il primo road manager nonché assistente personale e tuttofare dei Beatles, poi loro manager e discografico. Una vita trascorsa volutamente all’ombra della band più popolare al mondo. Un testimone-chiave, eppure così felpato da non aver “meritato”, sino ad oggi, nemmeno una biografia. «L’espediente di usare il personaggio di Neil in punto di morte come narratore mi ha obbligato ad approfondire la sua figura, su cui ho pubblicato la prima e unica biografia intitolata L’ultimo Beatle», racconta Verazzani, che su dischi cult come Revolver o Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band ha costruito anche degli happening musicali itineranti. «Per documentarmi su Neil ho scritto alla vedova Susan, che mi ha accolto nella loro casa di Twickenham, e ho incontrato il vecchio entourage». Aspinall non ha mai rilasciato interviste, non ha scritto memoriali ma è stato l’unico a trascorrere ogni singolo giorno della sua vita con i Beatles. Alcuni personaggi sono scomparsi prima: Brian Epstein, Malcolm Evans; altri, come il produttore George Martin, li frequentavano assiduamente, ma solo in sala registrazione. «Il rapporto di Neil con la band di Liverpool era speciale: era compagno di scuola di George Harrison e di Paul McCartney ed era il migliore amico di Pete Best. L’allora diciannovenne Neil ebbe inoltre una relazione, alla luce del sole, con la madre del primo batterista dei Beatles, poi sostituito da Ringo Star. Un fatto dirompente nella puritana Londra di fine anni ‘50». Lo show ripercorre tutta la carriera dei Beatles in un’ora, concentrandosi sulla notte del 10 febbraio ‘67, quando fu registrata A Day in the Life.
«È l’ultima canzone di Sgt. Pepper’s, scritta da Lennon e McCartney. Per la prima volta un’orchestra sinfonica entrò negli Abbey Road Studios per incidere un crescendo orchestrale con degli spartiti in cui c’era unicamente una nota iniziale e una nota finale», conclude il regista, «tutto quello che era in mezzo dovevano riempirlo con un crescendo, senza direzione d’orchestra, partendo dalla nota più bassa che lo strumento poteva suonare, fino alla nota più alta. Qualcosa di incredibile, che rivoluzionò la scena musicale e che, ancora oggi, fa dei Beatles una band immortale».
Verrazzani porterà il suo show al prossimo Beatles Day di Brescia il 10 giugno per celebrare il cinquantesimo anniversario di un altro album cult, il White Album: «Un disco situazionista sin dalla sua copertina, totalmente bianca in un periodo in cui trionfava la psichedelia, una scelta artistica ancora una volta geniale».
di Beatrice Nencha