Da questa estate non potremmo più dire che i tormentoni estivi sono tutti uguali. Perché adesso, a impazzare in radio e su YouTube, c’ è Magari muori: una canzone sbarazzina, dalla ritrita armonia latineggiante, ma dal testo decisamente sui generis. Praticamente è il De Profundis della generazione 2000.
Cantato con ironica allegria da Romina Falconi, ex ugola di X factor, Magari muori parla sfacciatamente di morte, cipressi, sepolture e crisantemi. Il ritornello è infatti il seguente: «Dai, goditi la vita che poi magari muori/e vivi al massimo da qui fino ai crisantemi/non rimandare più che poi magari muori/baciami e stammi addosso che domani sei in un fosso/oh oh oh/oh oh oh». Troppo? Forse.
Soprattutto nella stagione che, per definizione, è sinonimo di vitalità e spensieratezza.
La sola idea di canticchiare Magari muori mentre siamo sdraiati al mare spinge a cercare immediatamente ferro. Anche costruirci su una coreografia, che non includa gesti scaramantici poco educati diretti dal bacino in giù, potrebbe risultare un tantino complicato.
Eppure questa canzone ha svariati pregi. Il primo. Oggi viviamo in una società sfiancante all’ insegna dell’«occhio a quello che fai». Per esempio, se hai mal di testa e ti prendi un’ aspirina, il tuo collega di lavoro ti guarderà storto, come se fossi un pericoloso connivente delle case farmaceutiche o a un passo dallo sviluppare la dipendenza da farmaci.
Se hai un figlio e lo vaccini a cuor leggero, sei un genitore sconsiderato. Se uccidi le formiche che ti entrano in casa, passi per serial killer. Se il bio non ti piace, non potrai mai avere relazioni umane con i vegani. Se usi la plastica, entri immediatamente nella Top5 dei farabutti più ricercati della Terra. Ebbene, in questo contesto Romina Falconi ci ricorda una cosa semplice, ossia che non vale la pena vivere male solo per morire bene.
Secondo pregio. In buona sostanza, il concetto sponsorizzato da Magari muori è il carpe diem di antica memoria: un suggerimento che, forse, vale la pena ricordare soprattutto d’ estate, quando la vita ci travolge con tutta la sua energica gioia.
L’ ultimo pregio, se non il più grande, è che il suddetto tormentone non è altro che una gigantesca e riuscitissima trovata pubblicitaria. Dietro alla canzone c’ è infatti lo zampino del servizio di pompe funebri Taffo Funeral Services. Al posto delle solite affissioni pubblicitarie, la società ha deciso di scommettere sul linguaggio del momento, dimostrando una grande dose di ironia. Non a casa il testo della canzone recita: «Non riesco a capire, tu dammi uno schiaffo/se non mi riprendo tu chiama Taffo/Omofobi e bulli, ci hai pensato mai/magari muoiono prima di noi/razzisti, violenti, il marmo vi dona/chissà forse Taffo da voi viene prima!». State sicuri che, a settembre, tutti sapranno chi è Taffo e cosa fa.
Lunga vita (è proprio il caso di dirlo…) a chi ha ideato il progetto Magari muori per la Taffo. Anche perché il genere dei tormentoni latini è quanto di più commerciale esista nel mondo della musica. Tanto vale, a questo punto, farlo fruttare dichiarando apertamente che si tratta solo di business. Carpe diem.
di Emilia Santini